domenica 25 aprile 2010

L'importanza di essere Burger Più.

L'evento della Red Bull è stato carino, in realtà. Tutta la giornata è stata carina, infatti vi si può ancora sommare la vittoria dell'Inter, la sconfitta del Milan, i soldi guadagnati e il pranzo da Burger Più, il nuovo "Mc Donald's" che ha aperto recentemente alla stazione di Mergellina, al posto del più noto Burger King, il quale Burger Più ha fatto l'ingenuo errore di regalarmi un buono l'ultima volta che ci sono stato, con il quale avrei potuto prendere gratis un panino e una bibita, comprando solamente un menù grande. Che non sarebbe stato neanche un grande errore, visto che poi subito, appena ho avuto otto euro ed il motivo per mangiare fuori casa, sono tornato da Burger Più a riscuotere il mio doppio hamburger con Pepsi, gratis. L'errore, a dir poco ingenuo, direi più che altro autolesionista, è stato piuttosto non ridarmi il buono, dal momento che col cazzo che torno da Burger Più a mangiare visto che costa l'ira di Dio. Cosa che, al contrario, avrei sicuramente fatto oggi se avessi avuto un buono, e così via all'infinito, diventando probabilmente il miglior cliente Burger Più 2010, con tanto di premiazione con triplo hamburger gratis e bottiglia da 1,5l di Pepsi più patatine e chele di granchio (un'ottima novità di Burger Più sono le chele di granchio, devo pensare di tornarci per assaggiarle).
Ora, la cosa più bella che puoi trovare al Burger Più di Napoli, indubbiamente, sono i clienti. Ad esempio un ragazzo cercava di convincere un altro ragazzo che Istanbul fosse in Canada, mentre un altro affermava con convinzione che, lui si che ne capiva, fosse in Ungheria e fosse invece Budapest, senza dubbio, a trovarsi in Canada. Tutto ciò, condito di hamburger di squisita carne tritata, pomodori freschi (?), insalata croccante, maionese e uno squisito pane morbido (per ulteriori chiarimenti su cosa significhi tutto ciò, vi rimando a questo post), suonava decisamente meglio della solita pasta e lenticchie con sottofondo di Cento Vetrine, che sono ahimè solito mangiare negli attimi subito successivi alla scuola. Mia mamma è una grande cuoca, intendiamoci, ma non è Burger Più.
Il fulcro è stato l'evento Red Bull, indubbiamente. Senza di esso non avrei mai mangiato da Burger Più, nè tutte le altre cose che sono successe durante e dopo. Ma quello che proprio non sono riuscito a digerire del F1 show run della Red Bull non è stato quello che è successo come evento vero e proprio (e cioè due ore di attesa, dieci secondi complessivi di monoposto di formula 1 visibile ad un occhio umano medio, due ore di attesa per uscirne vivo), ma il condimento. Il condimento è ciò che fotte sempre ogni piatto. La miglior carbonara la si lascia nel piatto, se è insipida. E l'evento della Red Bull non era neppure inspido, era pieno, impregnato di gente che non aveva mai, e dico mai, ma quando dico mai dico mai, assolutamente mai, mai nella vita, mai manco per sbaglio, mai, mai, mai, visto una gara di formula 1. Gente che sentendo il rombo del motore V8 di una monoposto diceva "Ah si, questa è la Nascar", che è un pò come confondere il rumore di una tigre con quello di un girino. Un tizio, visibilmente eccitato da un suono così assordante e potente, ha chiesto all'amico accanto quanto consumasse un auto del genere e quello: "Queste fanno ottanta metri al litro", che se fosse così praticamente ogni formula 1, in media, dovrebbe fare un pit stop con pieno ogni due-tre giri. Napoli-Roma in due ore e seicento soste. Non basterebbero autogrill.
Un altro che è capitato proprio accanto a me (tecnicamente sono andato io accanto a lui, ma perchè era il primo spazio disponibile, quindi è pur sempre un caso) si era portato la ragazza. Tralascio per motivi di tempo e di decenza il loro aspetto fisico. Di tutto l'evento, la donzella ha capito più o meno due cose: 1) che lo speaker era un cretino (cosa che ho capito anch'io e che francamente condivido); e 2) che la manifestazione si sarebbe svolta in tono minore in memoria delle vittime di un palazzo crollato a via Gianturco, qui a Napoli, proprio Sabato. Difatti, un poliziotto un pò goffo e impacciato, nei lunghissimi minuti d'attesa, stava per cadere assieme alla sua moto, davanti a migliaia di persone ai bordi della strada che praticamente guardavano tutte lui: risate generali e qualche (classico) insulto alla categoria; la ragazza subito: "ma non si doveva svolgere in tono minore?". "Eh si, e allò nun rerimm chiù" volevo rispondere io.
Poi si è svolto l'evento. Tutti si sono dimenticati, giustamente, dei morti di via Gianturco. La gente impazzita si è accalcata alle transenne per cogliere qualche millisecondo della monoposto che sfrecciava a duecento all'ora. Ero in prima fila. Spingevano tanto che praticamente io e centinaia di tizi dalla sorte comune alla mia eravamo ormai un tutt'uno con la transenna e loro erano diventati in prima fila, dove prima eravamo noi. Allora ho pensato: 'sti cazzi dell'evento, non voglio vedè la macchina che passa, voglio aver buttato tre ore della mia vita, ma voi in prima fila non ci dovete stare. Così mi sono alzato, mi sono ripreso la mia prima fila, mi sono messo in posizione tipo cacca all'in piedi, ho lottato contro almeno cinque-sei porky pig "insevati" di sudore che spingevano e si inoltravano in ogni centimetro disponibile con le loro fottutissime macchine fotografiche digitali, ma alla fine ho vinto. Neppure una foto. Un video. Niente. Ho vinto. Ho dato un senso al mio essere in prima fila: far stare qualcun'altro in seconda fila.
Il migliore, però, è stato quel tizio che per non far toccare il sedere della propria amata ad un qualsivoglia sconosciuto, ci ha tenuto su la mano per tutto il tempo. Due ore. Un genio.

Polkan

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