venerdì 30 settembre 2011

Juventinità.


Essere juventino è uno stile di vita.
Il tuo stile di vita. Significa essere marchiato a vita da una qualità. C'è il biondo e figaccione? C'è. Il trasandato ultra-nerd? c'è. Il grassone pigro c'è, il moro con fisico da paura, e apro una parentesi: (rimane tutt'oggi un mistero come abbia fatto la retorica a identificare il concetto di bellezza con quello di paura, che è una cosa tutt'altro che bella, chiusa parentesi) c'è e poi c'è lo juventino. Quello dello juventino è un concetto che inizialmente non si può spiegare in termini più semplici. "Se sei uno juventino, sei uno juventino", disse la Apple. Appartiene alle qualità fondamentali, come essere belli o brutti, buoni o cattivi, bianchi o neri, razionali o juventini e non c'entra niente con la squadra che tifi. E' un fatto di vita. Del quotidiano. Di capacità psico-deduttive (di base), di sostenere una conversazione coerente e con una parvenza di filo conduttore, possedere una specie di simil-logica. Niente. Uno che ha questo difetto, questa qualità che è allo stesso tempo è una mancanza di una serie di altre qualità più importanti, di tutto questo non ha nulla. Proviamo a determinare quale di questi due è un impiegato postale migliore, dici a uno juventino. Quello lì sta mangiando un panino mentre io sono in fila, gli dici. Ti pare normale che mangi un panino mentre qui c'è una fila che finisce alla posta accanto?, gli dici, e invece guarda quello là che si fa un culo così (  J  ) per finire i clienti anche di quell'altro. Quello è l'impiegato postale migliore, gli dici. Questo ragionamento però è ridicolo scusa, ti dice, allora che ne è del fatto che quello che piace a me tornerà a casa sorridente mentre quello che piace a te sarà stanco, stressato, avvilito e incazzato nero?, ti direbbe, se non si fosse fermato al fatto che è quel ragionamento è ridicolo. Ma non c'entrerebbe nulla, perché in realtà non state discutendo di chi dei due sappia gestire uno stile di vita migliore, non stiamo discutendo di chi dei due sappia gestire uno stile di vita migliore, gli dici infatti, ma di chi dei due è un impiegato postale migliore, quindi dobbiamo valutare solo ciò che succede sul posto di lavoro e, porca troia, quello lì mi sta facendo aspettare da venticinque minuti abbondanti per ritirare una merdosissima raccomandata, e li sta facendo aspettare anche a te, ehi signore guardi che noi qui siamo in fila, non è che vorrebbe lavorare?, intanto urli mentre quello si mette lentamente a lavorare. Ma ce li sta facendo aspettare in una maniera per me molto piacevole, ti dice, quasi soave, e comunque lui, quando lavora, ha dei modi di lavorare migliori di quell'altro, perché ci mette meno tempo, ti dice. Certo, gli dici, ma anch'io ho fatto l'impiegato postale e so che se attacchi a lavorare alle 8, quando ci sono meno persone, arriverai alle 11 quando ci saranno molte persone con già tre ore di lavoro sulle spalle, gli dici, ma almeno hai potuto servire già tutte le persone che sono arrivate tra le 8 e le 11, gli dici. Io so cosa vuol dire e ti dico che arrivare alle 11 come è arrivato quello che secondo me è indubbiamente il miglior impiegato postale di questa posta è ottimo, gli dici. Tu non puoi saperlo, perché non hai mai fatto l'impiegato postale, ma lavorare come lavora lui è la maniera più efficiente, gli dici. E' la maniera più efficiente?, ti dice, ma se quell'altro ha delle movenze spettacolari, ti dice, e poi ha appena concluso quattro clienti in cinque minuti, caro, ti dice, così, ti dice caro, ma chi lo conosce? Ma chi ti conosce?, gli dici. Comunque è ovvio che abbia concluso quattro clienti in cinque minuti, se ha appena iniziato a lavorare e ha appena finito di mangiare, guardare la sua soap opera preferita e flirtare con l'impiegata dell'altra posta, gli dici. Ma perché non proviamo a portare la discussione su un campo più oggettivo?, gli dici, ad esempio quello che piace a te ha lavorato solo cinque minuti da stamattina e prenderà gli stessi soldi dell'impiegato migliore che ha lavorato già tre ore e cinque minuti, gli dici. Ok, allora parliamo di una cosa oggettiva: a me piace quello lì, ti dice. Ma questo non è oggettivo per niente!, gli dici. E cosa c'è di più oggettivo dei gusti personali?, ti chiede come fosse la cosa più ovvia al mondo. Scusa voglio dire: se c'è una Scala Mercalli dei criteri oggettivi da prendere in considerazione, il gusto personale non sarebbe al primo posto?, ti chiederebbe se solo non farfugliasse. No, gli risponderesti. Il gusto personale non è oggettivo, gli risponderesti. Perché non dovrebbe essere oggettivo? ti direbbe. Perchè non lo è, è evidente, gli diresti. Lo è eccome invece, ti direbbe. No che non lo è. E' evidente come è evidente che un triangolo ha tre lati e che tu sei un cretino, gli diresti. Sai solo dire che non lo è, ma mai una volta che argomentassi un po' e che dicessi il perchè, ti direbbe. E lo direbbe perchè è uno juventino. Dentro. Al di là della squadra che tifa. Perchè uno juventino che tifa Juve quando parla di calcio parla così. Non è colpa sua. Cioè, è tutta colpa sua, ma è colpa della sua scelta di essere juventino. E' costretto ad essere così perchè ha scelto di tifare Juve sapendo che non potrà mai più tornare indietro. E uno juventino che non tifa Juve è uguale. Ha scelto di tifare l'illogico e non potrà mai più tornare indietro. Se non fosse esistito il motivo che ha portato uno juventino a tifare una squadra che non è la Juventus, quello juventino avrebbe sicuramente tifato Juventus. Ma se la squadra per cui un uomo tifa fosse scelta, per esempio, dal Cappello Parlante, come ad Harry Potter assegna i maghi alle case, così nel mondo assegnerebbe uno juventino-dentro alla Juventus e un non-juventino a una non-Juventus, una che non contenga nel DNA l'idiozia, oltre che la vittoria (funny). Probabilmente l'Inter, a seconda. Perchè? Perchè è così. Cazzo di domande strane che fai, pure tu.

Polkan&Kura

giovedì 15 settembre 2011

E' difficile acchiappare un gatto nero in una stanza buia soprattutto quando non c'è.

Le amicizie vere sono quelle che si fondano sul sentimento: l'amico non giudica, comprende; l'amico non ti butta merda addosso, ti aiuta; l'amico non cerca di giustificarsi con gli altri, affronta. Bisognerebbe fare un lungo esame di coscienza prima di criticare gli altri, perchè l'occhio vede tutto salvo se stesso. Sai, il massimo della stupidità si raggiunge non tanto ingannando gli altri ma se stessi, sapendolo. Si può ingannare tutti una volta, qualcuno qualche volta, mai tutti per sempre. L'unica maniera per giustificare una bugia è un'altra bugia. Le convinzioni, più delle bugie, sono nemiche pericolose della verità. Recidivo. Marguerite Yourcenar diceva "Nessuno può a lungo avere una faccia per se stesso e un'altra per la folla, senza rischiare di non sapere più quale sia quella vera", però è difficile credere che una persona dica la verità quando sai bene che, al suo posto, tu mentiresti. D'altronde è l'unica cosa che sai fare. Che riesci a fare. Che, nella tua situazione, puoi fare. Uno dei tuoi grandi problemi è che tu non ti preoccupi di essere un amico, ti occupi solo di averne qualcuno, chiunque esso sia. Anche persone che hai definito con tutti i vocaboli disprezzanti che conosci. Pochi, perchè il vocabolario è limitato a quanto è limitata la mente. La tua. Le cose si dicono in faccia. La lingua deve rimanere in bocca, o ti si sporca di merda se ti viene concesso di accedere al posto che, tu, cerchi disperatamente di raggiungere. Ripeto: Si può ingannare tutti una volta, qualcuno qualche volta, mai tutti per sempre.
"Ho contato un centinaio di coglioni come te in cerca di fortuna, pronti a bere piscia per un po` di fama. Confessa; dillo che sei un povero babbione di merda e dillo che sei un pirla. Ti trovo in giro con diversi nomi, diverse situazioni, sempre e comunque imitazioni. Sarai sempre il succedaneo dei piu` scemi questo e` il tuo destino il destino degli scarsi, e` inutile opporsi. Idiota non fai attrito. Rimbambito evapora. Supera la luce specie d'incapace pusillamine per te il verdetto e` stato unanime: non sai fare" [Gruff]

Meglio esser pazzo per conto proprio, anziché savio secondo la volontà altrui. [Friedrich Nietzsche]

Kura