lunedì 12 aprile 2010

Non era la Navratilova.

Qualche giorno fa soffiava una brezza di primavera, gli uccelli garrivano al sole, gli scoiattoli zampettavano felici sugli alberi (per lo meno finché io non mi sono messo ad inseguirli per salutarli urlando “qui scoiattolo, qui”) e gli gnomi del bosco suonavano l’overture del Guglielmo Tell, mentre io ero senza giubbino accanto al municipio ad ascoltare un qualcosa di politico tipo comizio elettorale (ma forse eh) che sarebbe assomigliato ad un comizio elettorale (sempre se) se solo l’amplificatore avesse funzionato a dovere (ma, come dice il proverbio: al comune mezzo audio).
Oggi ci sono cinque gradi e piove come se non ci fosse un domani. No, vabbè, a volte sono troppo pessimista: piove come se ci fosse un domani, ma facesse schifo peggio di oggi.
Ho provato a telefonare alla divinità preposta al controllo del clima ma mi rispondeva sempre la segreteria telefonica, così ho cominciato a lasciare messaggi ogni cinque minuti. Ho smesso solo quando ha iniziato a piovere anche dentro l’ufficio.
Ad ogni modo, il mio allenatore diceva sempre di non fasciarsi la testa prima di essersela spalmata di olio (Qualcuno potrebbe chiedersi se fosse un allenatore di Pancrazio e invece no, era di Arcofelice. E comunque il mio allenatore era un imbecille).
La sera sono rimasto un pò in auto a calcolare i tempi di impatto delle gocce sul parabrezza che compongono la scritta “pollo” (in slovacco), poi sono tornato a casa, ho evitato Martina Navratilova che voleva impegnarmi in un round di lotta libera e mi sono messo a pc.

Kura

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