lunedì 1 febbraio 2010

Stasera grandina.

Ho sempre visto la pioggia di notte come un'occasione per non andare a scuola la mattina, ma non so perchè, non mi è mai successo di non andare a scuola solo perchè piovesse, eppure ogni notte, quando piove, ascolto il suono delle gocce sul terrazzo e godo. E questo perchè andare a scuola è ciò che più odio nella mia vita. Odio anche il caldo, la stanchezza, i fondali marini, i ragni e i gay (solo quelli che ci provano con me), ma la scuola è la summa di ogni mio sentimento di disprezzo, è l'incipit stesso del mio odio, parte tutto da lì. Un tempo andavo a scuola ed ero contento, entravo in classe, guardavo le maestre come esseri di intelligenza infinitamente superiore alla mia, veneravo i libri come possessori di una cultura (ero convinto che cultura = intelligenza) infinitamente superiore alla mia, e non avevo bisogno di nient'altro per essere felice che un libro, una maestra e un pallone. Odiavo già tutti i miei compagni (sono asociale di nascita, penso sia l'unica parte di me che non ho deciso io di avere, io l'ho solo accolta e coccolata), però, tutto sommato, non contava. Poi un giorno incontrai i prof, e nella mia mente avvenne un cambiamento che è pari solo a quello della felpa che uso per la casa con una maglietta che uso per uscire, quando mi si crea addosso un'oasi di calore sublime, i vestiti si adattano alla forma del mio corpo e in qualsiasi posizione mi metta è sempre la più comoda e poi sono costretto a distruggere tutto, mettere una gelida maglia che non durerà più di sei ore (quelle di scuola) e soffrire, fino a capire (ogni volta) che il mondo è ingiusto e che non si ha mai davvero ciò che si vuole (ma ogni tanto si, difatti se devo dormire, uscire a fare la spesa, andare dal tabaccaio o a scommettere da Eurobet, tengo sempre su una delle mie sacre, perfette felpe per la casa).
I prof non sono quello che sembrano, e te lo dicono, non hanno pudore, perchè sanno benissimo che saranno odiati, e vogliono sfruttarlo a proprio vantaggio, quindi passeranno le loro ore scolastiche a spiegare, interrogare e a ricordarti che "è un problema tuo, io verrò pagato lo stesso". E tu lì ad ascoltarli per ore, a rispondere ad ogni loro domanda per non prendere un odiosissimo impreparato (o a non rispondere apposta per prenderlo, dipende), e a pensare che loro vengono ogni mattina sapendo di incontrarti, esattamente come fai tu, ma a loro non gliene può fregar di meno se sei simpatico, antipatico, se conosci la storia o la geografia o l'italiano e se verrai promosso o bocciato, lo fanno per le loro tre, quattro ore quotidiane (e all'ultima ora ti dicono anche "è l'ultima ora anche per me") sapendo che quelle tre, quattro ore quotidiane valgono 2000€ mensili, e invece tu sei lì per sei, e dico sei, ore al giorno e potresti averle sprecate se poi a casa non prendi nuovamente i libri che hai tenuto avanti per sei ore oggi, ieri, l'altro ieri e che terrai avanti per ogni giorno di quest anno e dei prossimi, e non ti metti a studiare e non impari perfettamente (e intendo talmente perfettamente da prendere 6) tutto ciò che il prof gradisce. Potresti aver sprecato sei ore di ogni giorno, di ogni mese, di tutto quest anno, e il tuo prof viene da te e ti dice "non parlare", "stai attento", "sei un maleducato".
E' per questo, credo, che ho smesso di amare la scuola. Mi sono accorto che gli intelligenti non sono loro, che l'allievo, a scuola, può superare il maestro senza poi troppe difficoltà, che i libri che leggi lì non serviranno a niente della tua vita, o, almeno serviranno molto meno di farsi una passeggiata per la città, affrontare un discorso con un amico, andare a comprarsi un libro alla Feltrinelli, ascoltare un cd di musica, guardare un film, bere, ballare, fumare, fare sesso, avere una ragazza, fidanzarsi, fare delle puttanate. Ecco, un libro vale esattamente 1/4 di ognuna di queste cose, di media.
Però, in realtà, e vi sembrerà stupido, fino a poco fa ho continuato a sopportare la scuola. Vivevo con l'idea "io non creo fastidi a voi e voi non ne create a me" e tutti eravamo d'accordo, ed effettivamente nessuno dei prof mi dava fastidio (sembrava quasi che mi considerassero presente solo se questo fosse strettamente necessario a svolgere il loro lavoro) e io non davo nessun tipo di fastidio ai prof: non gli disturbavo la lezione, se non volevo ascoltare dormivo, se non volevano vedermi dormire andavo fuori, se mi richiamavano non rispondevo e non mi lamentavo neppure, se non ero preparato non gli facevo perdere tempo e tutto quello che potesse fare un povero ragazzo che come unico scopo aveva quello di non farsi rompere le scatole dai prof. Poi però mi accorsi che accanto a me c'erano anche dei ragazzi, e che l'allievo avrebbe superato il maestro facilmente, si, ma io, loro non ce l'avrebbero fatta, e che le risate più grandi che si facevano i miei compagni di classe erano perchè uno di loro aveva appena urlato a gran voce il nome della madre di un altro di loro. Erano gli stessi che "però la scuola mi mancherà, perchè ci divertiamo troppo!".
Ecco, da quel momento ho smesso di considerare la scuola come qualcosa di esistente. Mi sveglio la mattina, mi preparo, vivo per sei ore in un posto che non so bene cosa sia, con dei ragazzi particolari, che quasi non ricordo le facce, e poi torno a casa, e inizio a vivere. Poi arriva la sera, magari piove, ma al mattino non è successo nulla.

Polkan

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