mercoledì 5 maggio 2010

E' una metafora.

Rifacendomi in parte ad un paradosso famoso, di tale Zenone di Elea, posso con una buona dose di approssimazione affermare che: se isoliamo ogni periodo del discorso di un professore, la maggior parte delle volte questo significherà qualcosa. Più in generale, qualsiasi cosa italiana, scritta o pronunciata nel pieno rispetto delle regole della lingua stessa, è comprensibile. Non comprendere una frase compiuta, corretta e logica, seppur complessa, è da imputare alle deficienze della propria intelligenza o cultura. In ogni caso a se stessi.**
Quindi, in sostanza, se non riesci a capire cosa significhi quello che sta dicendo il tuo professore di filosofia, forse sei tu in difetto. Ma se poi, nella non-remotissima eventualità in cui egli (il prof) stia dicendo delle cazzate, è lui ad essere in difetto, possiedi, perchè lo hai comprato pagandolo, un libro, il quale nella maggior parte dei casi è scritto in italiano, usalo. Cioè dai, il libro significherà di sicuro qualcosa, non ci troverai mai cose tipo oggi la mia professoressa di italiano:

Alunno: "E' stato Leopardi ad influenzare Schopenhauer."
Prof.ssa: "Ehm.. Ehm.. No. No."
Alunno: "E' stato Schopenauer a leggere Leopardi, non il contrario."
Prof.ssa: "Scusa, Leopardi quando è vissuto?"
Alunno: "Boh, nell' '800?"
Prof.ssa: "Eh, appunto. Ecco. E allora?!"

Il libro ti dice chi ha influenzato chi e basta. E se si sbaglia sti cazzi, non lo saprà nessuno, perchè quello è il libro, e in fin dei conti il tuo obiettivo era capire, che già è un buon inizio. In un'ipotetica scala da 1 a 10, capire una puttanata è decisamente al di sopra di non capire una cosa giusta, diciamo più o meno all' 8, perchè poi è chi dice una puttanata che, nella scala da 1 a 10 della conoscenza, è al livello 1, ma questo è un altro conto che ai fini del nostro disinteressato capire qualcosa non ci tange più di tanto.
Bene, se il libro è proprio quello in cui c'è scritto qualcosa che non significa davvero nulla, che, oddio, non è neppure così impossibile, puoi fare delle (delle, prurale) domande. Lo puoi fare, penso lo garantisca la legge in qualche modo. Nota bene: dire "professore non ho capito" al termine di cinquanta minuti di spiegazione non è da considerarsi propriamente una domanda. Fare una domanda, più precisamente, significa cogliere che non si è capito un aspetto (uno, al massimo un paio, va) di ciò di cui si sta parlando e chiedere di sentirselo dire in maniera più adeguata alla propria intelligenza. Insomma più semplice. E se non hai capito alla prima frase, fai una cazzo di domanda alla prima frase. Se alla prima frase, che non avevi capito, non hai fatto una domanda, sei in ogni caso in difetto tu. Se poi non hai fatto quella domanda, o più in generale se non fai domande, perchè ti vergogni o pensi che le tue siano questioni stupide, probabilmente lo sono e lo sei anche tu. La scuola la paghi. Uscirne cornuto e mazziato non mi pare proprio il caso.

** In realtà, la linea che divide idealmente il non saper spiegare dal non capire è sottile, solo che i professori - e io ne conosco - a volte la domanda "ma avrò saputo spiegare?" se la fanno, gli alunni partono nel verso opposto: appena non capiscono un cazzo (e penso avvenga almeno ad uno studente di ogni classe, ogni giorno dal secondo di scuola in avanti) iniziano con "quel prof non sa spiegare!" che diventa poi il loro motto. Il massimo l'ho avuto quando ho sentito uno dire "Ho lasciato la mia vecchia scuola perchè i miei prof non sapevano spiegare". E' venuto nella mia. Poi ha cambiato scuola.

Polkan

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