mercoledì 20 aprile 2011

La teoria della sedia a tavola.

Amare una persona significa... non significa niente (di quello che pensavate). Funziona che te nella vita incontri e guardi e desideri decine e decine di persone ogni giorno, per tutti i giorni dell'anno da quando eri (o sei, se stai leggendo questo blog e hai circa tre anni) poco più che un neonato, a quando sarai un anzianotto che non può chiedere più dalla vita che un pò di tempo, la domenica pomeriggio, per raccontare ai propri nipoti il glorioso esito delle proprie vicissitudini, e cioè proprio diventare un anzianotto che non ha nessuno con cui parlare. Ho una nonna che, quando mi parla, pare potrebbe anche non smettere più e non le interessa se io sono ancora lì ad ascoltare o se per caso è cambiato l'interlocutore o se nessuno degli interlocutori che intanto si sono avvicendati le risponda mai neppure un mmm, per vedere come va a finire, poi però per fortuna puntualmente smette. Quando ero all'asilo, ero di gran lunga il bambino più desiderato della scuola, aiutato dal fatto che l'intera scuola materna constava di sole due classi per lo più sempre unite visto l'esiguo numero di noi nanetti. Allora attraverso la selezione naturale le due bambine più forti psicologicamente vinsero su tutte le altre e passavano tutta la giornata a litigarsi la mia mano e io, come un ebete, non sapevo dire di no a nessuna delle due, benchè volessi dire di no sicuramente a quella un pò cicciottella, con i capelli rossi, che non si staccava da dosso neppure quando la maestra urlava "ed ora i giochi!", che era sicuramente il momento su cui nutrivo maggiore speranza per toglierla di torno, perchè insomma, qualsiasi bambino dell'asilo - uno pensa - se ne fregherebbe di un biondino muto e sociopatico, per quanto indiscutibilmente figo (ahimè da allora le cose sono cambiate molto), per giocare invece a costruire qualcosa di fantasmagoricamente bello con i pezzoni dei lego, tranne lei, e allora rimaneva lì, con la mia mano rinchiusa in una o due delle sue mani e guardava l'altra, bellissima, con gli occhi leggermente a mandorla, che invece aspettava ora di pranzo e si sedeva giusto vicino a me e mi dava la mano e l'altra intanto piangeva ma io, che tecnicamente non stavo dicendo di no alla cicciotella, non potevo dire di no alla bimba bona perchè non ne ero capace e comunque mai avrei voluto dirle di no. Questo per dire che tutto quello che fai tra una notte e l'altra, oltre che studiare, mangiare, guardare i cartoni e cercare di sfottere qualcun altro messo meglio** di te, è desiderare di stare con la più figa della classe, fin da neonato. Il punto è che poi la classe si amplia, diventa una scuola, oppure una città, oppure un villaggio e tra tutte le decine di bambine potenzialmente più fighe delle altre, ne incontri una che è decisamente più figa delle altre o almeno, non potendo avere tutte le altre più fighe e potendo invece sicuramente avere lei, lei diventa di gran lunga più figa delle altre, ma attenzione, solo ai tuoi occhi, e lì subentra l'amore. Vedi, per me lei è perfetta. E il tuo amico idiota: Beh, allora vuol dire che la ami. No, cioè, si, ma non come pensi tu. Vuol dire che la ami, se credi che amare sia desiderare la persona che tu hai scelto per essere la bambina più figa della classe, se credi che amare sia vedere una bambina normalissima e innalzarla a bambina più figa della classe o, molto peggio, bambina più figa dell'intera scuola, dell'intero mondo, dell'intera tua vita vivibile. Allora vedi Lei e pensi che figo che sarebbe averla nella mia vita, ma non perchè desideri farla felice e credi che tu possa essere la sua felicità, che è quello che ci si dice subito dopo essersi fidanzati. Perchè poi dovresti renderla felice? L'unica cosa di te che la rende felice è che tu sei il suo bimbo più figo della classe e in più, eureka!, le hai appena detto che per te è la bimba più figa della classe e che per questa sua qualità di essere perfettamente, inequivocabilmente, irraggiungibilmente la miglior bimba più figa ascrivibile al tuo palmares, sei disposto a fare qualsiasi cosa per la sua felicità, perchè il suo sorriso è ciò che fa felice te, oltre ovviamente al fatto che è la bimba più figa della classe, ma soprattutto il suo sorriso e tu, davvero, non stai dicendo cazzate, saresti disposto a tutto - oh, tutto! - per mantenere intatto quel sorriso, quel dolce, incantevole, accoccolante sorriso perfetto. Tutto tranne ovviamente nel caso in cui tu debba rimetterci qualcosa perchè, ehi bimba, se non mi sbaglio anche tu avevi detto che eri disposta a tutto e quindi perchè adesso devo fare tutto io e tu niente? Non mi sembra molto equa, allora io ti amo e tu no - tatà - allora mi hai mentito, sei davvero una persona inqualificabile per come hai potuto mentire sul fatto che saresti stata pronta a perdere qualsiasi bene nella tua vita per farmi felice e invece - guarda come ti sei ridotta - allora era questo che pensavi, secondo te sono il tuo schiavo, e no! Ora o mi fai felice oppure non ti faccio più felice (ah ok, se mi lasci fa niente).
Spiega tutto la Teoria della sedia*** a tavola: è come quando stai per sedere a tavola per il primo pranzo nella tua nuova casa e dai un occhio alle sedie, poi dai un occhio alla tv, un ultimo sguardo al frigorifero e dici tra te e te, devo sedermi là. Sai benissimo che quella sarà la sedia che ti farà alzare/spostare/muoverti meno degli altri, abbastanza vicina al frigorifero per arrivarci in fretta se dovessi alzarti ma abbastanza lontano perchè non ci mandino mai te, abbastanza vicina alla tv da poterla guardare bene, ma abbastanza lontano per non dover mai rischiare di alzarti a prendere il telecomando o a cambiare canale, abbastanza vicino ai fornelli da ricevere in fretta il piatto, ma abbastanza lontano da non dover lavorare con le pentole o ricevere schizzi di sugo o chicchessia, e soprattutto, abbastanza vicino ad ogni angolo della tavola da poterti prendere tutto da te, se, come e quando vuoi. Insomma, quel posto che farà felice te. Ed è inutile che tu dica alla sedia che l'hai scelta per farle godere finchè vuole delle tue sodissime chiappe.

**E' inutile insistere con la storia che viene preso in giro solo chi sta peggio, tutt'altro: si inizia sempre col prendere in giro chi sta meglio e fare in modo che sembri che stia decisamente peggio e solo allora si prende in giro chi sta peggio, il quale ne ha ben donde d'essere preso in giro. Tutto questo a patto che ci sia qualcuno che stia meglio (e vi assicuro che alle volte non c'è).

***Il capo famiglia andava notoriamente a sedersi a capo-tavola, in alcuni casi ancora oggi, considerando quello il posto che gli conferisse maggior prestigio, per motivi ovviamente meno pratici dei miei.

Polkan

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